
In questi primi giorni di settembre ho rivisto alcuni allievi dopo le vacanze estive e, inaspettatamente, anzichè raccontarmi di quanto si erano riposati o rilassati, si ritrovavano già risucchiati nella spirale del carico mentale del ritorno al lavoro. Il fatto che vedessero amici e colleghi nella stessa situazione era di conforto per la serie “mal comune, mezzo gaudio” ma non risolveva il problema. Se poi avevano anche figli, l’impatto della ripresa della scuola aggiungeva il carico da novanta.
Quello che ci differenzia da altri animali è il fatto che non subiamo solo lo stress fisico: una zebra sarà stressata per i brevi minuti che precedono l’attacco del leone, poi o lo stress sarà passato oppure…beh non sarà più un suo problema. Intendo mai più…
Noi invece attiviamo la stessa risposta endocrina non solo quando c’è un reale pericolo ma anche quando anticipiamo il fatto che possa esserci: ci diciamo cose come “potrebbe fare ritardo il treno”, oppure “mio figlio potrebbe piangere e non adattarsi nella nuova scuola” o ancora “devo assolutamente rispettare quella scadenza” o siamo preoccupati (cioè ci occupiamo della tal cosa prima che questa accada) per le mille variabili che affollano la nostra quotidianità. Questo perchè sappiamo anticipare e interpretare le conseguenze di un singolo evento anche per un tempo più lungo.
Ma sia che lo stress sia per un evento reale o per uno immaginato, la risposta è sempre la stessa: scarica di adrenalina e cortisolo in su!
Questa risposta innesca una serie di avvenimenti nel corpo che ne modificano la regolazione: cambia il sonno, la digestione, l’umore, il battito cardiaco e tutti quei parametri che ci fanno dire “sono stressato”. E ultima ma non ultima, anche la postura ne è influenzata, ma in maniera così sottile che non ce ne rendiamo subito conto.
La risposta allo stress fisiologicamente prevede un’alternativa di azione basata su una stima veloce di cosa ci garantisce la sopravvivenza: posso scappare (perchè penso di essere più veloce o resistente della minaccia) oppure posso combattere (perchè penso che avrò la meglio). Anche se queste risposte sono molto efficaci, si rivelano valide solo per azioni che durano per un breve periodo: nessuna gazzella può continuare a scappare per un anno intero, così come nessun leone può continuare a combattere per 9 mesi. Tutto si risolve nell’arco di pochi minuti, poi l’energia si esaurisce e il corpo ha bisogno di riposo.

Tutto inizia da un atteggiamento posturale specifico: l’attivazione marcata dei muscoli flessori, quelli che abbiamo nella parte anteriore del corpo e che a un certo punto si dovranno rilassare per permettere al corpo di muoversi ancora (un muscolo perennemente contratto infatti configura una sorta di paralisi, che impedisce il libero e fluido movimento nello spazio).
L’attivazione dei flessori costituisce un atteggiamento posturale molto riconoscibile, sia in chi è spaventato temporaneamente, sia in chi soffre di ansia dovuta a livelli di stress prolungato:
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- Spalle sollevate o irrigidite
- Respiro toracico, superficiale e veloce
- Mascella serrata o tensione nel volto
- Addome contratto e difficoltà a sentire il bacino e il sostegno del suolo
- Movimenti rapidi o bloccati, senza transizioni fluide
- Mancanza di un buon contatto con il suolo o il pavimento
Questa chiusura in avanti ha diverse conseguenze:
- rimpicciolisce e protegge le aree più fragili: organi interni, gola, genitali, coprendoli anche in parte con gli arti che vengono portati davanti al corpo
- in caso di caduta la schiena assume una forma arrotondata, la testa evita di sbattere e a terra e la colonna vertebrale è più resistente all’urto poichè è più facile rotolarci sopra e distribuire l’impatto
- gli stimoli che arrivano al sistema nervoso centrale da questa postura rannicchiata permettono di percepire un maggiore senso di sicurezza:la resistenza offerta alla circolazione dalla contrazione muscolare permette al ritmo cardiaco di rallentare e al respiro di tornare progressivamente normale dopo l’iniziale apnea
- pensate al corpo come a una molla:prima di avere il massimo slancio deve essere compressa, rimpicciolita, per poi sfruttare quella energia potenziale in uno esplosione di energia che mi porti a scappare o ad attaccare, attivando i muscoli della catena posteriore del corpo, gli estensori.
Quando viviamo nello stress perenne la postura diventa questa, così contratta e fissa e come tutte le cose abituali il nostro corpo smette di percepirle: la muscolatura è sempre tesa, come sempre pronta all’attacco, ma non siamo più in grado di percepire questa tensione extra che ci attraversa. Qualche volta la sentiamo solo dopo una notte di sonno, quando rimettendoci in piedi sentiamo che la pianta dei piedi o a volte tutto il corpo è dolorante.

Nel tempo poi l’iper attivazione continua del nostro corpo contribuisce a far perdere al nostro sistema nervoso la capacità di autoregolarsi e autoripararsi : quando finalmente offriremo al sistema un po’ di pausa il nostro corpo impiegherà un po’ a riconoscerlo e poi andrà in uno stato di ultra riposo, facendoci sentire sonnolenti e bisognosi di ritirarci in uno spazio molto tranquillo. Potrebbe anche essere quello il momento in cui tendiamo ad ammalarci più facilmente (avete presente il raffreddore del venerdì sera?). Per poi ripartire ci sarà necessario molto più sforzo, come se per salire in solaio dovessimo partire dalla cantina(effetto lunedì mattina eccoti). Non sono posti che abitiamo normalmente, in quanto uno stato di benessere c’è quando viviamo nei piani di mezzo.

Perchè il metodo Feldenkrais aiuta contro l'ansia e lo stress
Il quadro sembra desolante ma la buona notizia è che la risposta anche se automatica può essere regolata, una volta che la conosciamo.
Molte persone arrivano al Metodo Feldenkrais spinte da dolori fisici o rigidità, ma spesso scoprono che il vero beneficio è un altro: un corpo che si sente meno minacciato, più aperto, più stabile, più chiaro.
Quando lo stress non è più l’unica modalità disponibile, il sistema nervoso comincia a riconoscere altre possibilità.
È qui che avviene il cambiamento: non in un grande gesto risolutivo, ma nel graduale riscoprire che si può abitare il corpo anche senza tensione costante.
In un contesto di ansia e disregolazione del sistema nervoso, questo approccio risulta particolarmente efficace perché:
- Interrompe schemi istintivi di contrazione e difesa
- Favorisce l’interocezione, cioè la capacità di sentire ciò che avviene all’interno del corpo
- Rende disponibili movimenti più economici e meno stressanti
- Aiuta il sistema nervoso a modulare l’intensità delle risposte, ritrovando flessibilità tra attivazione e quiete
Nel rumore di soluzioni veloci e tecniche “miracolose” per combattere lo stress, il Metodo Feldenkrais propone un’altra via.
Più silenziosa, più rispettosa, solo apparentemente lenta.
Ma profondamente trasformativa.
Lavorare sul corpo in questo modo non significa ignorare la dimensione emotiva o psicologica dell’ansia, ma integrarla da un altro punto di vista: quello del gesto, della respirazione, dell’appoggio.
Perché il corpo non è solo il luogo in cui l’ansia si manifesta, ma anche quello in cui può cominciare a trasformarsi.
Ed è proprio quando smettiamo di combattere lo stress frontalmente, e cominciamo ad ascoltarlo nei movimenti più piccoli, che il sistema nervoso ritrova davvero il suo equilibrio.